venerdì, 17 maggio 2024

Interviste

I furti nel Retail: entità e caratteristiche del fenomeno e tecnologie per contrastarlo

Intervista ad Alberto Corradini, Country Manager Italia di Checkpoint Systems

21/12/2015

Il “Barometro Mondiale dei Furti nel Retail” è uno studio promosso da un Fondo indipendente di Checkpoint Systems giunto quest’anno alla sua 14esima edizione, che esamina le cosiddette “differenze inventariali”, il loro costo sia a livello globale sia nazione per nazione e le merci maggiormente “appetite”. Ne parliamo con Alberto Corradini, Country Manager Italia Checkpoint Systems.

In base all’ultima edizione del Barometro Mondiale dei Furti nel Retail di Checkpoint Systems, quali sono i Paesi in cui si è verificata la percentuale più alta di differenze inventariali?

Nel periodo 2014–2015, l'America Latina ha registrato la percentuale più alta di differenze inventariali, pari a 1,55%, seguita da Nord America (1,27%), Asia Pacifico (1,17%) ed Europa (1,05%). I Paesi che presentano le percentuali più alte sono il Messico (1,68%), i Paesi Bassi (1,48%) e la Finlandia (1,38%), mentre le Nazioni che hanno registrato i tassi più bassi sono Norvegia (0,75%), il paese decisamente più virtuoso, seguito da Svizzera (0,76%) e Francia (0,81%). Il valore medio delle differenze inventariali è dell’1,23%, con un costo, a livello globale, che si aggira intorno ai 92,98 miliardi di euro.

Come si classifica l’Italia in tale contesto e, a suo parere, cosa significano questi dati?

 C’è da dire che siamo abbastanza “virtuosi”: l’Italia, infatti, si classifica 8° su 24 Paesi a livello mondiale, per le differenze inventariali più basse, che si attestano all’1,01% del fatturato, per un valore totale di 2,95 miliardi di euro di perdite per gli esercenti ed un costo pari a 208,58 € per famiglia e 90,68 € a persona. In dettaglio, il Barometro Mondiale dei Furti rivela che, nel nostro Paese, quasi il 70 % delle differenze inventariali è dovuto ai furti, di cui il 45% da parte dei Clienti, il 23% dei dipendenti disonesti, seguiti dagli errori amministrativi, che si assestano al 19% e dalle frodi dei fornitori per un 13%.

Questo vuol dire che c’è una maggiore attenzione da parte delle aziende, che investono sempre più in sicurezza. La posizione dell’Italia è decisamente migliorata proprio grazie al nuovo approccio dei retailer, che si fonda su due concetti fondamentali: prevenzione e informazione.

Quindi servono davvero le analisi strategiche sui prodotti più “gettonati” dai ladri?

Assolutamente. Senza un chiaro ritorno, le aziende non investono. Vengono, infatti, richieste sia informazioni di natura tecnologica sui prodotti impiegati per la protezione delle merci, sia analisi sempre più dettagliate sulla situazione delle differenze inventariali. I retailer hanno finalmente compreso l’importanza della prevenzione e di un approccio, per così dire, “combinato”. I nostri Clienti vogliono, infatti, avere il maggior numero possibile di informazioni a disposizione: è la cosiddetta “business intelligence”, che indica, ad esempio, quali siano le risorse disponibili, ma anche gli orari in cui si verificano maggiormente i furti. Per questo motivo, sono ormai ritenuti indispensabili i software che organizzano e registrano praticamente tutto.

Quali sono i prodotti più “rubati”?

Le categorie merceologiche maggiormente colpite sono il Food, con vini e liquori in testa alla classifica, seguiti da formaggio e carne fresca, il Fashion, con accessori moda, calzature ed abbigliamento sportivo, l’Health & Beauty, dove, ai primi posti troviamo lamette, cosmetici e profumi e, l’Hi-Tech, dove i prodotti più a rischio sono accessori per cellulari, iPhone, smartphone, iPad e tablet. Infine nel Brico gli attrezzi elettrici, le batterie ed i cavi sono in cima alla classifica.

Dalla ricerca si evince che a livello globale, in termini di differenze inventariali per mercato verticale, si posizionano al primo posto le farmacie e le parafarmacie (1,99%), al secondo i Retailer del segmento abbigliamento (1,80%), al terzo i Retailer specializzati nella vendita di gioielli e orologi (1,73%) e a seguire, i grandi magazzini (1,66%).

Un dato alquanto sorprendente...

Non direi: noi di solito pensiamo alle farmacie come negozi dove comprare medicinali, ma ormai il modello è cambiato. Non solo all’estero (basti pensare ai “drugstore” degli Stati Uniti, che vendono veramente di tutto), ma anche in Italia le farmacie offrono, di solito, prodotti “costosi”, come quelli di bellezza, che sono anche abbastanza piccoli e facilmente nascondibili. Insomma, nelle farmacie e parafarmacie esiste un’attività continua di taccheggio.

Come è possibile proteggersi da questi furti, effettuati da clienti e, come si evince sempre dalla vostra ricerca, da dipendenti disonesti?

Non esiste, purtroppo, una soluzione che risolva magicamente tutti i mali, però i retailer stanno investendo sempre di più su un mix di sistemi che proteggano il prodotto lungo tutta la filiera. Questo già succede nel mercato del food, in cui si cerca di coinvolgere sia i fornitori, con progetti di protezione alla fonte, per una protezione totale e costante della merce, dallo stabilimento al punto vendita, sia formando i dipendenti, che devono essere preparati sulle strategie di prevenzione.

Quali sono i sistemi di protezione più diffusi in Italia nei punti vendita e quale definirebbe, per sua esperienza, la “killer application”?

In Italia i sistemi EAS (sorveglianza elettronica degli articoli) restano il metodo di protezione maggiormente utilizzato (83%) insieme al personale di sicurezza (75%) seguiti dalla videosorveglianza a circuito chiuso (67%). Sicuramente l’RFId, le cosiddette “etichette intelligenti”, rappresentano, oggi, le killer application. In dettaglio, l’evoluzione tecnologica permette di fornire, tramite tag, tutte le informazioni sull’articolo e di seguirlo da quando viene prodotto a quando viene venduto. I retailer apprezzano moltissimo questa soluzione, perché permette loro di monitorare precisamente quale prodotto stia uscendo dalle barriere di controllo e perché.

Ma i consumatori, i clienti, non sono un po’ “scoraggiati” dai sistemi di protezione delle merci?

Decisamente no. In base a una ricerca Nielsen del 2010, i consumatori capiscono e accettano i sistemi di protezione dei prodotti. Per diversi motivi: in primo luogo, oggi i controlli sono sempre più professionali e svolti in tempi rapidi. Inoltre, c’è la sensazione che se un punto vendita è più “tutelato”, manterrà prezzi più bassi rispetto ad uno che subisce più perdite. Infine, avendo la certezza che tutto è sotto controllo, anche il cliente si sente più tranquillo.

Secondo lei, come evolverà il mercato nei prossimi anni?

Si andrà verso una maggiore informazione e coinvolgimento del personale, per ridurre i cosiddetti “furti interni”. Inoltre, dal punto di vista tecnologico, avremo etichette sempre più “intelligenti”. Ad esempio, nel food, viene già richiesta una elevata tracciabilità del prodotto per una corretta gestione delle differenze inventariali e delle scadenze. Lo spreco alimentare, in questo periodo di crisi, è un tema molto sentito non solo dai consumatori, ma anche dai retailer. Una tecnologia in grado di avvertire il retailer sia quando un prodotto viene sottratto illegalmente, sia quando si avvicina all’expiring date, sicuramente sarà sempre più indispensabile e diffuso.

www.checkpointsystems.com



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