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Inventory Intelligence per un’esperienza di consumo “omnicanale”

24/08/2013

di Andrea Natale, Marketing Manager di Tyco Fire & Security

 

Recenti ricerche di mercato hanno visto emergere una nuova figura di consumatore, definito “omnicanale”. È un consumatore che per i suoi acquisti utilizza svariati canali: negozio, catalogo, call center, web o smartphone. Conduce ricerche online, si reca in negozio e acquista di più. Benché le nuove tecnologie consentano di raccogliere un numero sempre maggiore di informazioni e di confrontarle in modo veloce ed efficace, l’esperienza d’acquisto in negozio è comunque irrinunciabile. Il desiderio di servire al meglio questo nuovo consumatore ha aperto la strada a una nuova forma di retail, chiamato “omnichannel retailing”. È un approccio che riconosce i benefici fisici e interpersonali dei negozi, ma sfrutta al meglio tutte le tecnologie e i canali disponibili per portare in negozio un consumatore più motivato ad acquistare. Ma è un approccio non esente da rischi.

 

Il retail omnicanale abbatte le barriere geografiche perché questa onnipresenza permette di offrire i beni ai consumatori nel momento dell’interesse e di venderli nel momento della decisione, senza dimenticare le loro preferenze ambientali e culturali, oltre all'indiscussa soddisfazione dell’acquisto immediato. Un retail omnicanale permette di tessere relazioni più profonde con i propri clienti tramite programmi di fedeltà cross-channel e gratificanti esperienze di shopping.  


Rischi e risposte dell'IT

 

I rischi connessi, però, non sono trascurabili.
L’omnicanalità aumenta le attese dei potenziali acquirenti, che si aspettano di trovare sempre la merce disponibile. Tradire queste aspettative potrebbe mettere a rischio tutti i canali, avere un valore emotivo negativo e influire negativamente sul brand.
I rischi aumentano ulteriormente quando è il personale stesso a non fidarsi del sistema. La mancanza di fiducia da parte dello staff aumenta le perdite di tempo con controlli delle scorte e trasmette insicurezza all’acquirente. Rimborsi e cambi merce – fondamentali per ricreare la fiducia – sono spesso l’anello più debole della catena.

I retailer con i loro fornitori ei software provider, lavorano da tempo su tecnologie che abbracciano più canali di comunicazione e vendita e hanno fatto grandi progressi verso un’Information Technology (IT) davvero integrata. Ma l’IT da sola non può fornire l’intelligenza che un retail realmente omnicanale richiede. L’IT organizza, accelera e distribuisce le informazioni, ma non ne garantisce la qualità. Input e output puntuali eaccurati, organizzati su informazioni concrete e utilizzabili per il business, rappresentano la base di quello che si chiama intelligenza integrata tra location, tecnologie e tempistiche differenti, garantiscono interoperabilità e compatibilità dei dati tra hardware, sistemi operativi e applicazioni commerciali.

 

Ma l’integrazione di tecnologie specifiche per il retail è stata più lenta. I tentativi da parte dei diversi fornitori di mantenere le loro soluzioni esclusive hanno creato sistemi hardware, formati di dati e modelli informativi inutilmente incompatibili. Un retail che vuole essere davvero omnicanale deve invece abbattere queste barriere. Gli acquirenti vogliono infatti avere accesso immediato alle informazioni relative a oggetti e location specifiche; i responsabili aziendali devono tenere traccia di trend di mercato e stagionalità secondo regioni e segmenti di mercato. Per ogni periodo definito, gli input dovrebbero offrire una visibilità end-to-end su negozi, centri di distribuzione e produttori differenti, ma anche una visuale top-to-bottom che parte dalla superficie di vendita, passando per le centrali regionali e i centri di distribuzione. Cosa ancor più importante, le informazioni raccolte dovrebbero produrre spunti concreti ad agire – con il supporto necessario a rendere efficaci le azioni indicate. Programmando il passaggio verso un nuovo modello omnicanale, gli altri rischi sono

frammentazioni di tipo geografico, tecnologico, infrastrutturali e dei sistemi, e transizioni troppo brusche. Scegliendo tecnologie che possono essere implementate in fasi differenti e graduali per linee di prodotto o regioni, nonché usando processi rodati in ambienti retail e tecnologie collaudate che si integrino con quelle già note, i retailer possono evitare rischi di immagine, finanziari e legati all’esperienza in-store dei clienti.

 

Vantaggi di business diretti e indiretti

 

Cosa possono attendersi i retailer, come ritorno dagli investimenti effettuati in “inventory intelligence”?  Vantaggi di business diretti e indiretti quali riduzione dei costi, gestione delle scorte e incremento del fatturato. L’inventory intelligence ottimizza infatti l’utilizzo della forza lavoro, incrementa la produttività e migliora il clima di lavoro, nei negozi e nei centri distributivi, grazie alle sue caratteristiche di automazione, accuratezza e linearità delle responsabilità di lavoro. Processi veloci e analisi lineari migliorano le gestione dello stock, e una tracciabilità affidabile di oggetti e posizioni aiuta i negozi a riorganizzare le scorte per massimizzare l’utilizzo dello spazio di vendita e le vendite per metro quadrato. Se l’inventory intelligence può essere giustificato già da miglioramenti a livello di costi ed efficienza, il vero guadagno di un’esperienza omnicanale sta nell’incremento del fatturato, che deriva da un superiore tasso di completamento degli ordini, da una maggiore fedeltà del cliente e dallo sfruttamento del potenziale di merchandising in-store.

 



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