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Licenziamento e videosorveglianza: le novità

23/07/2011

di Valentina Frediani, Avvocato esperto in diritto informatico e privacy

Recentemente la Cassazione ha emesso una sentenza in linea con l'ormai giurisprudenza in materia di videosorveglianza, ma particolarmente interessante in merito agli aspetti inerenti il rapporto tra videosorveglianza autorizzata ed utilizzo delle immagini per fini defensionali da parte del datore di lavoro. Con la pronuncia (datata 22 marzo 2011 n. 6468 ed emessa dalla Sezione Lavoro), in merito alla portata applicativa dell'art. 4 del c.d. Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970), la Cassazione ha precisato che, nell'ipotesi in cui l'installazione di impianti audiovisivi all'interno di un luogo di lavoro avvenga previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, tali riprese possono essere oggetto di riutilizzo anche in una causa instaurata contro il dipendente ritenuto reo di aver effettuato dei furti di beni aziendali e che per tale motivo sia stato licenziato per giusta causa.

Nei fatti, un'azienda aveva installato delle telecamere previo accordo sindacale e compatibilmente alle finalità di cui all'art. 4 Statuto dei Lavoratori, ovvero per esigenze organizzative e produttive o per motivi connessi alla sicurezza del lavoro. Le finalità di installazione erano quindi ben lontane dal controllo diretto del lavoratore (ovviamente vietato). Nell'occasione però della ripresa, emerse la condotta malevola di un dipendente, il quale – ignaro della presenza delle telecamere - sottraeva dall'azienda dei beni, integrando il reato di furto. Il datore di lavoro, una volta scoperti i fatti, procedeva al licenziamento per giusta causa del dipendente, avvalendosi dell'uso delle registrazioni a comprova della condotta illecita. Il dipendente contestava però l'uso della prova, sostenendo l'illegittimità del ricorso a registrazioni che (a detta sua) non potevano essere utilizzate per controllare la condotta del lavoratore. Non è stata però dello stesso avviso la Cassazione. Per comprenderne appieno la pronuncia, occorre previamente ricordare la previsione di legge. L'art. 4 Statuto dei Lavoratori infatti, dispone: "E' vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti.

Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti. Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale." Dal testo emerge chiaramente come l'obiettivo primario dell'installazione debbano essere le "esigenze organizzative e produttive ovvero connesse alla sicurezza del lavoro"; ma, secondo la Cassazione, qualora incidentalmente dalla ripresa possano derivare elementi probatori a livello defensionale, le registrazioni potranno essere utilizzate comunque perché la legittimità dell'installazione dell'impianto – riconducibile al preventivo accordo sindacale - consenta di rendere lecita anche l'acquisizione della prova. Al contrario, qualora l'installazione da parte datoriale fosse avvenuta senza seguire le procedure di cui all'art. 4, le immagini non sarebbero state utilizzabili a causa della illegittimità del mezzo probatorio. Questo aspetto, che appare del tutto evidente, non riscontra altrettanta evidenza nelle aziende italiane, dove sono sempre meno frequenti le attenzioni alle previsioni di cui all'art. 4 Statuto dei Lavoratori, e dove solo in occasione di controlli esterni o verifica dell'impossibilità di utilizzo legale delle immagini, emerge chiaramente la mancanza del preventivo accordo sindacale o della richiesta di autorizzazione all'Ispettorato del lavoro.

È bene ricordare come, oltre all'art. 4, per rendere valida la prova occorre aver esperito anche gli obblighi normativi connessi alla normativa a tutela della privacy. È ormai consolidata la prassi che, laddove si raggiunga l'accordo sindacale, sin nell'accordo stesso si inseriscano in allegato tutti i documenti connessi alla privacy (oltre ovviamente alle planimetrie indicanti l'angolo di visuale della ripresa a comprova degli obiettivi di controllo concordati). Se da una parte, infatti, l'adempimento in materia di tutela dei lavoratori è imprescindibile, altrettanto occorre dirsi per quanto concerne l'obbligo di rilasciare idonee informazioni ai dipendenti secondo l'art. 13 del Codice privacy, nonché di contenere le registrazioni nei termini temporali normativi (24 ore ordinariamente, salvo festivi con possibilità di registrazione nelle ore di chiusura e salvo talune eccezioni che consentono una registrazione sino a 7 giorni). Non dimentichiamo poi che assume sempre maggior rilievo l'individuazione preliminare dei soggetti addetti alla visualizzazione ed estrapolazione delle immagini, gravando sul datore di lavoro l'obbligo di nominarli a priori individuando le procedure idonee ad effettuare il trattamento limitatamente agli scopi aziendali e con la massima attenzione a non violare le indicazioni contenute nell'accordo sindacale, nonché le previsioni di cui al Codice privacy. Il fatto che siano sempre più ricorrenti le pronunce dei tribunali in materia di videosorveglianza è sintomatico di come sia in aumento il ricorso a questa soluzione tecnologica, benché non vadano di pari passo gli adempimenti normativi e le conoscenze giuridiche in merito da parte dei datori di lavoro, almeno a giudicare dal contenzioso in espansione e dalle multe numerose e salate che spesso possono derivare. Probabilmente si renderebbe necessaria maggior informazione a tutela di chi è titolare dell'impianto già in sede di installazione, per evitare l'amara sorpresa di ritrovarsi talvolta – da parte delle aziende – non solo sfornite della possibilità di utilizzare le immagini perché non a norma, ed a fronte di un lauto investimento, ma paradossalmente di ritrovarsi anche con sanzioni amministrative e responsabilità penali a carico per aver mancato dei semplicissimi adempimenti che avrebbero consentito di dormire sonni tranquilli.



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