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Progettista e installatore: “obbligazione di mezzi” per modo di dire

10/08/2015

di Fabrizio Cugia di Sant'Orsola, Studio Cugia Cuomo e Associati

Spesso è un contratto d’opera che disciplina con qualche misura di dettaglio i livelli di performance attesi a carico del professionista della sicurezza, al quale venga commissionata a titolo di progettazione o di installazione la realizzazione di un impianto o sistema di sicurezza. Laddove tuttavia la materia non sia disciplinata in modo specifico (il contratto teoricamente potrebbe anche derivare da accordo o incarico orale, nel quale soltanto il progetto redatto dal professionista costituisce l’unico documento esistente), trovano applicazione i principi generali in materia di obblighi di condotta e diligenza media dovuti dall’incaricato prescelto. Per quanto l’obbligazione del progettista costituisca, in effetti, un'obbligazione di mezzi e non di risultato, tale inquadramento generale non esime però il progettista dall’eseguire l’impianto commissionato secondo i crismi dalla buona prassi. Il progettista o l’installatore sono quindi sempre tenuti ad un comportamento diligente ed esperto, oltreché all’obbligo di impiego di mezzi idonei a realizzare l’obiettivo. Su contrattualistica e responsabilità degli operatori del settore, a&s Italy ha sentito il legale.

In tema di responsabilità, non si deve cadere nell’errore interpretativo secondo il quale l’attività del progettista, tanto più se singolo e non organizzato oppure se non collegato contrattualmente agli esecutori dell’impianto legati al committente da un contratto d’appalto vero e proprio, vada esente da obblighi di condotta, con annessa esclusione di responsabilità in caso di vizi dell’opera progettata e poi eseguita da altri.

Rispetto alla persona fisica o giuridica titolare di un contratto di appalto di lavori vero e proprio, a cui venga commissionata la realizzazione, l’installazione e la manutenzione di un impianto o sistema di sicurezza, in caso di vizi di progettazione la responsabilità può risultare solidale, se i danni sono provocati da più soggetti, quali ad es. il progettista, appaltatore e direttore lavori in concorso tra loro. Il committente potrà quindi rivolgersi a ciascuno di loro per ottenere l'intero risarcimento.

 

Se è corretto, infatti, affermare che il contratto di appalto si distingue dal contratto d’opera intellettuale in quanto l’appaltatore assume su di sé un'obbligazione di risultato, con conseguente adempimento alla propria obbligazione al momento della realizzazione dell’impianto di sicurezza commissionato, è altrettanto esatto sostenere che sul regime di responsabilità del professionista progettista, che abbia assunto l'obbligazione della redazione di un progetto di ingegneria o della direzione dei lavori, ovvero l'uno e l'altro compito, non opera in alcun modo la distinzione tra obbligazioni di mezzo ed obbligazioni di risultato. Di fatto, in tema di applicazione dei principi di responsabilità, le differenze tra le due categorie sfumano, tanto che per costante giurisprudenza sono inapplicabili alla prestazione d'opera intellettuale le decadenze e le prescrizioni dell’azione di garanzia per vizi dell’opera (Cassazione civ., Sez. Unite, 25 luglio 2005, n. 15781, Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 24 marzo 2014, n. 6886).

Per i comuni mortali..

Questo significa che, in caso di progettazione e di esecuzione di un impianto di sistemi di sicurezza, può trovare senz’altro applicazione il vincolo di responsabilità solidale tra impresa appaltatrice, progettista e direttore dei lavori, nel caso in cui i rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente. Tutto ciò in virtù delle prescrizioni dell’articolo 2055 c.c., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all'ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale (Cass. n. 12367 del 2002; Cass. n. 20294 del 2004 e, da ultimo, Cass. n. 14650 del 2012).

In altri termini, qualora il danno subito dal committente sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell'appaltatore, del direttore dei lavori ovvero del progettista, ciascuno risponderà solidalmente dei danni, essendo sufficiente, per la sussistenza della solidarietà, che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l'evento, a nulla rilevando che le stesse costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse (Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 19 settembre 2014, n. 19825). Quando l'opera appaltata presenta gravi difetti dipendenti da errata progettazione, il progettista è quindi responsabile con l'appaltatore nei confronti del committente, a nulla rilevando in contrario la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità, rendendosi sia l'appaltatore che il progettista, con le rispettive azioni od omissioni - costituenti autonomi e distinti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse, concorrenti in modo efficiente a produrre uno degli eventi dannosi tipici indicati nel medesimo art. 1669 cod. civ., entrambi autori dell'unico illecito extracontrattuale, e perciò rispondendo, a detto titolo, del danno cagionato.

Trattandosi di responsabilità extracontrattuale specificamente regolata anche in ordine alla decadenza ed alla prescrizione, non trova applicazione la disciplina dettata dagli artt. 2226, 2330 cod. civ. e si rivela ininfluente la natura dell'obbligazione - se di risultato o di mezzi - che il professionista assume verso il cliente committente dell'opera data in appalto (Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 21 maggio 2012, n. 8016).

In sintesi, chi paga cosa

Può quindi dirsi, con riguardo alle possibili diverse figure professionali coinvolte:

il progettista dovrà risarcire il danno conseguente agli errori dell'opera progettata; l'appaltatore dovrà rispondere in solido dell’errata progettazione, sia nel caso in cui si sia accorto degli errori e non li abbia denunciati al committente, sia nel caso in cui, pur non essendosi accorto degli stessi, lo avrebbe dovuto fare con l'uso della normale diligenza; il fornitore dei materiale potrà essere responsabile avanti al committente per i vizi dell’opera nel caso in cui questi non si sia limitato a vendere il materiale ma abbia proceduto a un sopralluogo senza segnalare le carenze funzionali; il direttore dei lavori (obbligato a riscontrare la conformità dell'opera al progetto) risponderà per i vizi derivanti sia dal mancato rispetto del progetto, quanto da carenze progettuali (Tribunale di Reggio Emilia, Sentenza n. 988/2014).

Presa in consegna non è accettazione

Infine, in caso di appalto, va sempre tenuta presente la circostanza che la presa in consegna dell’opera da parte del committente non equivale, ipso facto, ad accettazione della medesima senza riserve, e quindi ad un'accettazione tacita pur in difetto di verifica, ex art. 1665 comma 4 c.c. Occorrerà al contrario stabilire se nel comportamento delle parti siano o meno ravvisabili elementi contrastanti con la presunta volontà di accettare l’opera senza riserve. La presa in consegna dell’opera da parte del committente non va infatti confusa con l’accettazione della stessa, e non implica di per sé la rinuncia a far valere la garanzia per i difetti conosciuti o conoscibili, quando sia seguita dalla denuncia delle difformità e dei vizi dell’opera.

 

Allo stesso modo, non comporta automaticamente la rinuncia al riconoscimento degli altri diritti convenzionalmente pattuiti riconducibili all’inadempimento dell’appaltatore. Occorrerà sempre, di volta in volta, accertarsi se la presa in consegna del Committente determini o meno la sua accettazione dell’opera, cosa tutt’affatto scontata nella prassi. Il diritto, va ricordato, costituisce una scienza empirica.



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