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Il drone per la sicurezza urbana: sarà il nuovo poliziotto di quartiere?

16/02/2017

di Fabrizio Cugia di Sant’Orsola, Studio Cugia Cuomo e Associati www.cugiacuomo.it

Di tutti gli arnesi bulimicamente scodellati dall’homo technologicus, il drone rappresenta forse l’unico condannato ad una qualche libertà vigilata, ad un pregiudizio “concettuale” duro a morire, a norma del quale deve ancora giustificare la sua esistenza ed in ogni caso limitare la propria esistenza entro gli stretti ambiti di tollerata operatività. La stessa regolazione worldwide di settore non assiste molto nel legittimarne l’uso, incerta com’è ancora su come classificare in forma compiuta i Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto (APR; come ampollosamente il Regolamento ENAC nostrano ancora chiama i droni). Idem dicasi della pervasività dei droni, volatili che intervengono a metà strada tra gli inaccessibili aeromobili ed il piano stradale “dove si forma il diritto” (come diceva Calamandrei) - cosa che evoca non poche paure ancestrali, dall’occhio del Grande Fratello ad Echelon, passando per le orecchie bioniche dei vari Terminator cinematografici, chiamati a sopprimere l’uomo in culla nella tragica e fatale lotta per il futuro dominio del pianeta.

Ora è possibile che lo sdoganamento concettuale dei droni passi per il loro ruolo di possibili ausiliari negli obiettivi “2020” del Protocollo di Kyoto. Gli obiettivi di Kyoto passano infatti necessariamente per l’uso di risorse specificatamente nelle aree urbane, che da sole registreranno il 70% della popolazione mondiale entro il 2050, dove il ruolo dei droni appare ormai insostituibile, in particolare nei settori cruciali urbani della viabilità, uso intelligente di risorse e nella sicurezza.

DRONE POLIZIOTTO?

L’assistenza di droni nel monitoraggio del territorio e nelle valutazioni di staticità di edifici e nell’ausilio alle operazioni d’emergenza e di salvataggio, recentemente registrate durante i tragici fatti di Amatrice e dintorni, testimoniano il possibile ruolo economico, sicuro ed estremamente mirato dei droni nel censire luoghi e monitorare il suolo consentendo interventi istantanei in ambiti di difficile accesso. Più in generale, nell’ambito della sicurezza anche urbana, i droni possono anche rivestire funzioni imprescindibili di raccordo ed ausilio nelle operazioni di sicurezza in funzione preventiva o dissuasiva, come appendici di rilevamento azionate a livello centrale o periferico da organi di vigilanza, di controllo o di polizia. I “droni-agenti” possono quindi già rappresentare una risposta alquanto valida alle crescenti esigenze di sicurezza urbana, sempre più messa a repentaglio, e rivestire ruoli ausiliari di poliziotti potendo esser dotati anche di telecamere, lacrimogeni, proiettili di gomma, messi sfollagente, ecc., ossia operando di fatto nel quadro delle prerogative amministrative riconosciute alle stesse forze dell’ordine. Il problema in punto di diritto è fino a che punto tali macchine possono ritenersi autorizzate, ossia qualificarsi per via incidentale come strumenti ausiliari di organi deputati alle funzioni di ordine pubblico, assorbendone, per così dire, parte delle relative prerogative. Detto altrimenti, il tema è fino a che punto potranno essere legittimati i droni ad intervenire direttamente, stante un loro riconosciuto ruolo di ausilio delle forze dell’ordine.

FINO A CHE PUNTO?

Le funzionalità tecniche non possono che progredire, d’altronde, e mentre oggi i droni non possono che eseguire funzioni direttamente radiocomandate dagli agenti, non è difficile immaginare un prossimo futuro nel quale tali funzioni decisorie ed intelligenti faranno parte delle dotazioni dei software interni, con i quali i droni saranno posti in condizione di asseverare, discernere, riconoscere ed agire conseguentemente a determinate circostanze (si pensi ad assembramenti e situazioni di pericolo, le cui variabili sono costanti e conosciute da tempo). Tema che pone non pochi problemi in merito alla legittimità dell’azione di controllo o vigilanza così esercitata. Mentre può assumersi una legittimità generale in funzione preventiva in situazioni di pericolo oggettivo anche potenziale – Amatrice docet, meno legittimo parrebbe l’esercizio di azioni predeterminate in caso di procedimenti mirati diretti nei confronti di singoli individui, potenzialmente lesive di libertà fondamentali del singolo (libertà, salute, ecc.). Certamente sembrerebbe da escludersi, allo stesso modo, una facoltà diretta della macchina di potersi procacciare prove o evidenze in assenza di specifica autorizzazione, com’è nel quadro equiparabile all’uso di intercettazioni ambientali o sequestri non autorizzati. I droni addetti alla sicurezza urbana dovrebbero quindi agire dual mode, presumibilmente, a seconda del tipo di funzione di ausilio esercitata (pericoli o salvataggi collettivi rispetto ad azioni mirate nei confronti di individui).

IN PROGRESS

Tutto ciò è naturalmente ancora in fieri nel quadro regolatorio. Nella bozza di primo regolamento del 22 agosto 2016, l’Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA) pone alcuni temi vagamente riconducibili al tema, lanciando una consultazione sull’uso di droni e relativi prototipi e stabilendo le norme generali di regolazione per il funzionamento dei velivoli senza pilota nel quadro dei requisiti tecnici e delle procedure amministrative obbligatorie per la progettazione, produzione e relativa manutenzione. La bozza identifica anche le regole uniformi per la registrazione ed identificazione elettronica dei mezzi, classificandone funzioni ed usi. Oltre a proporre una centralizzazione delle condizioni per il rilascio di autorizzazioni all’uso, la bozza fissa anche dei principi cardine in merito all’uso di accessori sui droni, aprendo la strada al possibile riconoscimento di condizioni di privilegi o diritti specifici associati all’uso degli APR. Come primo tentativo di regolamentazione centralizzata, la bozza costituisce un buon punto di partenza verso il possibile superamento della paura della macchina. Per l’“amico poliziotto”, invece, aspetteremo.



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