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La responsabilità penale dell’installatore

31/10/2017

di Roberta Rapicavoli - Avvocato esperto in Information Technology e privacy e Docente Ethos Academy www.robertarapicavoli.it

Nell’affrontare il tema delle responsabilità derivanti da una certa attività – come, ad esempio, quella di installazione di un sistema di videosorveglianza commissionato da società, ente o privato – occorre considerare non solo le conseguenze derivanti dall’inadempimento degli obblighi contrattuali (ossia degli impegni assunti nei confronti del committente) e dalla violazione del principio generale del neminem laedere (ossia dell’obbligo di non cagionare danni ingiusti a terzi), ma anche gli effetti di un’azione o omissione che il nostro ordinamento configura come fattispecie di reato. Nel primo caso si individua una responsabilità civile (rispettivamente, contrattuale o extracontrattuale), nel secondo caso una responsabilità penale. Quali sono i reati che potrebbero configurarsi in relazione all’attività di installazione?

REATI LEGATI ALL’INSTALLAZIONE

Una prima fattispecie che può essere utile analizzare è quella dell’omicidio colposo (art. 589 c.p.), reato che, ad esempio, sarebbe integrato dalla condotta dell’installatore che trascurasse di porre in essere gli ordinari accorgimenti e di operare secondo le misure e gli standard tecnici richiesti nel fissaggio di una telecamera, così determinando la caduta dell’apparecchio su un passante e il decesso di quest’ultimo. Qualora la stessa condotta colposa provocasse, invece del decesso, delle lesioni, si configurerebbe invece il reato di lesioni personali colpose, previsto dall’art. 590 del codice penale. Altra fattispecie da considerare è quella del delitto colposo di danno (art. 449 c.p.) che potrebbe configurarsi, ad esempio, nel caso di incendio causato da errato utilizzo  di materiale e tecnologie o di erroneo dimensionamento dell’impianto o, ancora, di sua cattiva realizzazione.

SE LA COLPA È DI ALTRI?

Se la condotta che ha integrato la fattispecie di reato (quindi, riprendendo gli esempi citati, il decesso, la lesione o l’incendio) è stata commessa non direttamente dall’installatore incaricato dello svolgimento dell’attività, ma da un suo collaboratore o dipendente, chi sarà perseguibile penalmente? In ambito civilistico l’installatore, salvo diverso accordo, risponderà anche dei fatti dolosi o colposi dei terzi di cui abbia deciso avvalersi per lo svolgimento dell’attività concordata con il cliente e, se si tratta di dipendenti, sarà responsabile per i danni arrecati da loro fatto illecito commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti. In ordine ai profili penalistici, invece, poiché l’art. 27 della Costituzione sancisce il principio della personalità della responsabilità penale, concretamente del reato risponderà solo il suo agente, ossia colui che ha commesso personalmente il fatto antigiuridico. Se però il reato è realizzato attraverso il contributo (morale o materiale) di più soggetti, allora ciascuno di essi risponderà a titolo di concorso. Quindi, riprendendo l’ipotesi in cui l’installatore si sia avvalso dell’operato di terzi, qualora la fattispecie di reato fosse integrata dalla condotta, tanto del collaboratore, quanto dell’installatore stesso, ciascuno di essi sarebbe responsabile penalmente.

ALTRE FIGURE

Ugualmente una responsabilità a titolo di concorso dell’installatore potrebbe configurarsi con soggetti che svolgono attività diverse dall’installazione – come progettisti, direttore dei lavori, committente …Proprio in ordine alla possibile configurabilità di una responsabilità del committente e dell’installatore, può essere interessante richiamare il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), in base al quale è punito con la reclusione da sei a quattro anni “chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614” – ossia abitazione o altro luogo di privata dimora o loro appartenenze. Come rilevato dalla giurisprudenza, perché si possa configurare tale reato, occorre che vi sia una particolare relazione del soggetto con l’ambiente in cui si svolge la vita privata (cfr. Cass. Pen. 44701/08) e pertanto, al di là di eventuali ulteriori profili che potrebbero rilevare in tale circostanza – non da ultimo quelli relativi alla disciplina in materia di protezione dei dati personali – non integra il reato di interferenza illecita nella vita privata la condotta di chi utilizza gli strumenti di osservazione e ripresa a distanza al solo fine di captare quanto avvenga in spazi che, pur di pertinenza di una privata abitazione, siano, però, di fatto, non protetti dalla vista degli estranei (cfr. Cass Pen. 44156/08). La lesione della riservatezza può invece consumarsi, attraverso illecite interferenze, anche nei locali in cui si svolge il lavoro dei privati (cfr. Cass. Pen. 10444/06), e quindi le videoriprese effettuate attraverso apparecchi nascosti all’interno di uffici personali o in ambienti quali spogliatoi o servizi igienici è condotta idonea a integrare il reato di interferenza illecita, in cui anche l’installatore potrebbe essere coinvolto a titolo di concorso.   



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