MILANO - Non più solo physical e certamente molto digital: la security come la conoscevamo una volta è da tempo diventata “Phygital”, con tutto ciò che il digitale porta con sé - a partire dal rischio di hacking.
Sono diverse le strategie messe in campo dai produttori del comparto sicurezza per contenere la minaccia di attacchi cyber ai dispositivi posti in commercio, ma è evidente che per mitigare un rischio per sua natura dinamico, variabile e in continuo aggiornamento occorre un “patto di filiera” tra produttori, integratori ed utilizzatori finali che permetta di immaginare una catena di responsabilità trasparenti e condivise.
Le stesse certificazioni non possono assicurare che un prodotto sia cyber security-proof, perché nell’eterna lotta tra guardie e ladri è destino che vinca il ladro (che di mestiere fa solo quello e ci pensa 24/365). Magari sarebbe utile che un ente indipendente fungesse da riferimento per l’intero comparto per definire ciò che può essere considerato “accettabilmente sicuro”. Senza dubbio è essenziale (e non così scontato) mantenere aggiornati gli apparati, magari in una logica di automazione come è prassi per PC, tablet e smartphone.
Su questi ed altri temi abbiamo interrogato il mercato, concentrandoci su quattro domande-chiave. Per conoscerle e per conoscere le risposte a tali quesiti, si può prosguire la lettura dell'articolo.
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