MILANO - Per definire un modello intelligente di edificio occorre agire sulle persone: sono loro la vera forza motrice dell’intelligenza tecnologica e non possono essere considerati come dei supini utilizzatori di oggetti smart. In molti luoghi di lavoro l’edificio connesso è già una realtà, ma resta ancora tanto da fare: manca infatti una corretta percezione dei vantaggi offerti da un’integrazione spinta tra sistemi. Una recente indagine, targata IFSEC Global e sponsorizzata da HID Global, mette in evidenza le sfide che gli operatori dovranno superare per rendere l’intelligenza dell’edificio più pervasiva e il ruolo propulsore che potrebbe giocare il controllo degli accessi.
Tra le prime sfide dell’edificio connesso si annoverano la sicurezza e la protezione dei dati, visto che le minacce informatiche sono ormai entrate a gamba tesa anche nel mondo fisico. Occorrerà poi trovare un modello di diffusione ed adeguamento delle tecnologie intelligenti: per questo servono protocolli condivisi, standard industriali e prima ancora chiarezza lessicale sulle stesse definizioni, non sempre univoche. Una volta superate queste sfide, i benefici saranno però enormi: più sicurezza in primis, ma anche più efficienza operativa, risparmio energetico e minore impatto ambientale. In definitiva: minor costo totale di proprietà. Il mercato è assolutamente aperto: molti edifici cominciano ad essere connessi e sono quindi propensi a proseguire nell’integrazione. In questo processo il controllo degli accessi è un primo e fondamentale step che potrebbe stimolare un’integrazione più spinta.
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