Il comparto energetico sta vivendo un momento delicato. Gli sconvolgimenti dovuti agli effetti della pandemia, uniti alla necessità di perseguire gli obiettivi di azzeramento delle emissioni, hanno generato una forte richiesta di materie prime non fossili, che hanno prodotto un repentino e innalzamento del prezzo del gas. Gli attuali venti di guerra soffiano poi sul fuoco.
Ne abbiamo parlato con Alessandro Manfredini, Direttore Group Security & Cyber Defence del Gruppo A2A.
Il caro energia comincia a mordere: si profila un futuro a tinte fosche?
Le crisi energetiche degli anni ’70 hanno portato risultati nefasti ma anche conseguenze positive, come aver maturato la coscienza e la competenza di saper progettare vetture dai consumi significativamente più bassi. Anche nell’attuale situazione vedo una luce: la presa di coscienza di un orientamento collettivo verso la transizione ecologica, che porterà a diversificare la produzione di energia elettrica passando dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. Pensiamo solo all’acqua: se avessimo la capacità di produrre energia elettrica soltanto attraverso le nostre centrali idroelettriche, il suo costo sarebbe molto inferiore.
Tuttavia è evidente che la capacità industriale di produrre energia con l’acqua è ormai satura, poiché tutte le grandi opere costruite nella prima metà del secolo scorso erano state pensate per un quantitativo di energia sufficiente a soddisfare l’industria del tempo. La domanda energetica odierna non può essere soddisfatta, anche perché non ci sono più dighe in costruzione in Italia, pertanto dobbiamo continuare a sfruttare lo stesso numero di bacini idrici artificiali che sono rimasti. Investire nel fotovoltaico e nell’eolico ci consentirà, anche per la conformazione del nostro Paese, di subire in misura minore l’impatto delle oscillazioni e la globalizzazione del costo delle materie prime come petrolio e gas, che provengono da paesi molto lontani.
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