Il 28 maggio si concluderà l’inchiesta pubblica finale relativa al Progetto di norma UNI1610032 che integra e completa la già esistente normativa tecnica CEI sui sistemi elettronici di sicurezza e di allarme. Le figure professionali coinvolte sono progettisti, installatori e manutentori di impianti di allarme antintrusione e rapina, videosorveglianza e controllo accessi.
Procediamo con ordine, che cosa si intende per Inchiesta Pubblica?
Prima di esercitare l’attuazione di un Disciplinare, il nostro Ordinamento ne prevede la verifica sul campo per porre anzitempo in evidenza le problematiche che, se non corrette, rischiano di vanificare o compromettere la finalità per la quale si è resa necessaria l’introduzione del Disciplinare stesso.
Si tratta, quindi, di una procedura all’ interno del percorso di valutazione della norma che si rifà ai valori della trasparenza e della democraticità. L’ obiettivo è fornire al Legislatore gli elementi utili per procedere, eventualmente, al restyling della norma stessa.
I soggetti coinvolti, cioè i professionisti del comparto sicurezza, possono esprimere le proprie opinioni presentando all’ Autorità competente i propri commenti ed osservazioni.
In forma scritta ed entro il 28 maggio prossimo.
Facciamo ora un passo indietro e vediamo quando e perché è nata l’esigenza di questa Direttiva?
Fortemente voluta agli inizi del 2020 dal gruppo interassociativo composto dalle Associazioni di Categoria (Aips, Aipros, Anie Sicurezza, Assosicurezza) e dagli Enti Certificatori (Icmq b.u. Cersa, Imq e Tüv Italia), il Progetto di norma UNI1610032, che si coordina con le norme CEI, vuole introdurre un ordinamento costrittivo codificando i requisiti per regolamentare la qualificazione professionale e definendo, nel contempo, i criteri che devono essere soddisfatti nell’ espletamento della attività in termini di conoscenza, abilità, autonomia e responsabilità.
L’attività professionale, allo stato attuale, non è sufficientemente formata e non è adeguatamente regolamentata (basti dire che viene permessa la certificazione su base volontaria). Non si tutela il cliente, che ha il diritto di affidarsi ad un professionista che ha studiato, competente ed esperto, non si protegge l’ installatore da responsabilità civili e penali e vanifica gli investimenti in termini di tempo e di danaro dei produttori che inutilmente certificano i propri prodotti per poi affidarne l’ installazione a figure professionali grossolane.
In assenza di garanzie e di riferimenti normativi chiari ed univoci, le interpretazioni sono le più diverse. L’intera filiera della sicurezza funziona male e, conseguentemente, il mercato si deprezza.
Questa è l’istantanea scattata.
Tuttavia, in questo scenario è possibile una riconfigurazione del segmento. Serve superare le negligenze e le cieche competizioni e scegliere di voler realmente fare parte di un gruppo di lavoro coeso e condividere motivazioni e fini laddove la crescita professionale, attraverso la formazione e l’aggiornamento delle competenze, fa da pivot. Senza andare a scomodare esempi ambiziosi, basti ricordare che sono già diverse le committenze private e le amministrazioni statali che richiedono la certificazione come requisito per partecipare a gare di appalto.
Come funziona nel resto d’ Europa?
In molti paesi dell’Unione è già prassi che il professionista debba attestare la propria competenza. Non è un caso, infatti, che il progetto di Norma UNI1610032 sia stato scritto anche pensando all’ ambito comunitario come quadro di riferimento. L’organizzazione omogenea e strutturata di competenze e di conoscenze permette ai professionisti di consolidare e gestire un patrimonio prezioso a livello europeo, facendo rete.
E sul piano procedurale?
Il percorso formativo richiesto ai progettisti, installatori e manutentori di impianti di allarme antintrusione e rapina, videosorveglianza e controllo accessi è attualmente in corso di definizione. Sono, però, già stati identificati i requisiti base che attestano le caratteristiche per la valutazione della conformità (UNI CEI EN ISO/IEC 17024): background lavorativo compreso tra 1 e 5 anni oltre ad un minimo di 32 ore seguite di formazione.
Per l’esame finale, al candidato verrà richiesto il superamento di una prova scritta ed una prova orale e verrà valutato il curriculum (esperienza lavorativa e percorso di formazione seguito).
Dal 2019 noi di Secsolution stiamo seguendo la faccenda con passione, scrivendo nostri articoli e nostre news. Abbiamo quindi ricordo delle molte testimonianze raccolte. Tutte convergono intorno al ragionamento che la certificazione è l’unica strada percorribile per garantire serietà all’intero comparto e per generare garanzie a protezione della clientela, dell’azienda che installa, dell’azienda che produce e dell’azienda che distribuisce.
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